L'ultimo viaggio by Enrico Filippini

L'ultimo viaggio by Enrico Filippini

autore:Enrico Filippini [Filippini, Enrico]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858814017
Google: teY7AQAAQBAJ
Amazon: B00FVV073S
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2013-10-06T22:00:00+00:00


Das Ich kommt im Streit niederen und höheren Wertleben immer wieder in die Lage, dessen bewusst werden zu müssen in Form tiefster Unbefriedigung, dass es erstrebt was ihm letztlich zuwider ist...

EDMUND HUSSERL

NELLA COARTAZIONE LETTERARIA

I

A proposito di poetica, come diceva Karl Kraus a proposito di Hitler, non mi viene in mente niente. Anche se ho frequentato pressappoco tutti i testi dell’estetica borghese, da Burke a Lukàcs a Barthes, non sono mai riuscito a pormi il problema della natura, dell’essere e del dover essere della letteratura, oppure, per esempio, dello status della letteratura in quanto istituzione. In nessun modo riuscirei, per conto mio, a formulare, per esempio, queste due proposizioni: “La letteratura è reazionaria”, oppure: “La letteratura dev’essere nazional-popolare”. Una simile formulazione mi apparirebbe come una sorta di prevaricazione. Per seconda natura alieno, non dalla riflessione bensì dai procedimenti deduttivi e dalle combinazioni categoriali che siano immemori delle proprie origini, diciamo, “pratico-somatiche” e che, precisamente per questa ragione, tendano a investire anche quei campi che per principio non sono formalizzabili, prima della letteratura non penso niente sopra la letteratura. Il disgusto che mi scosta da certe poetiche (per es. da quelle del neo-realismo, o del realismo programmato, o del neo-crepuscolarismo o del nouveau roman, oppure, ancora, da quelle che in altra sede ho chiamato “metafisiche del collage”) ha numerose origini ma non prova nulla: come ogni disgusto “obiettivo”, cioè obiettivamente motivabile, esso comporta un termine di riferimento che travalica il perimetro dell’oggetto che lo suscita. Di colpo mi trovo così privato di qualsiasi strumento elaborato e provvisto di un certo grado di complessità: respinto dentro una totale e non innocente ingenuità.

Con questa ingenuità, che non intendo utilizzare a fini patetici, col candore che mi rimprovero e che costituisce il contenuto della situazione stessa, sono costretto ad affrontare la deplorevole situazione in cui mi sento gettato ogni volta che mi accingo a fare, perché mi avvedo di essere letteratura: non posso fare a meno di compiere un’azione che, nello stesso tempo, a nessun costo voglio compiere. Sono cioè oggetto di una coartazione. L’ingenuità che l’agisce mi prospetta la letteratura nella luce del miraggio: come quell’insieme di operazioni che sono in grado di recuperare, di redimere e d’instaurare positivamente quelle cose che, imperando sulla vita la dialettica del finito e dell’infinito, le limitazioni derivanti dall’attrito con l’alterità, le coercizioni obiettive imposte da un sistema, vigendo la legge del consumo e dell’entropia e dell’irreversibilità, data la mia carenza di personale eternità, non si sono attuate, e non si attuano, sul piano che loro compete di principio. Il non-accaduto (che qui è inteso in un senso liberamente simbolico e che, naturalmente, comporta un altro ordine di accadimenti, così come una riuscita restaurazione occupa lo spazio vuoto di una mancata rivoluzione) assume una dimensione d’ingombro enorme, una materialità negativa tale da rendere concreta la minaccia dell’impossibilità di qualsiasi circolazione. Naturalmente l’incombere della coartazione può venir eluso: nel mio sfortunato caso ciò equivarrebbe però all’accettazione di una completa abasia e insieme alla contemplazione mistica del “non”. Se la



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